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Le officine ferroviarie nelle targhe. Storie di treni e di sacrifici.

Anno: 1950
Autore: Foto Giacometti Elia
Fonte: Collezione Giacometti Flavio

Queste foto raccolgono parte della collezione personale di Flavio Giacometti.

Le targhe in alluminio o ottone che venivano attaccate sui carri ferroviari, costruiti o revisionati dalle officine ferroviarie, sono proposte in questa galleria di immagini della preziosa collezione di Flavio Giacometti. Una raccolta non solo di cimeli ferroviari  che hanno percorso le linee internazionali, e girato in lungo e in largo per l’Italia, ma una vera e propria storia industriale italiana che racconta con quei nomi in rilievo  od incisi nel metallo di quelle operose officine italiane al cui al suo interno centinaia di lavoratori hanno prodotto fatiche per quell’imponente industria ferroviaria del Novecento.

Già dai tempi dell’opificio di Pietrarsa, le officine si sono unite ai territori e a quei binari che via via si ramificavano, producendo non solo locomotive e locomotori, ma carri e carrozze.

Da Bergamo, a Castelfranco Veneto, da Cittadella a Castellamare di Stabia un susseguirsi di maestranze che con dedizione e grande professionalità si distinguevano per lavori spesso eccezionali ed eseguiti a regola d’arte secondo i rigidi criteri delle Aziende ferroviarie che imponevano severi dettami di capitolati progettuali.

Una storia a tratti anche triste che sul finire del secolo scorso ha reso famosi questi luoghi non solo per la produzione, che andava via via esaurendosi a causa della globalizzazione, ma per quella moria di operai che, a causa dell’amianto e di vernici e prodotti tossici, hanno segnato con la vita parte di questa grande storia ferroviaria. Un materiale micidiale, sconosciuto ed invisibile e che avrebbe provocato danni enormi, un materiale innovativo che veniva usato in larga scala nelle costruzioni ferroviarie di carri e carrozze ma che distruggeva lentamente i polmoni nel corso di quelle lunghe fasi di lavorazioni.

Queste targhe sono anche un ricordo per tutti quegli operai e familiari che hanno sofferto e sono morti dopo quegli anni fiorenti e produttivi dell’industria meccanica italiana.

Grazie a Flavio Giacometti di Rossano  Veneto (VI)

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