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4 e 32 l’ora esatta in ferrovia. Il tempo dei treni. Cristian Rossi

Anno: 2020
Autore: Cristian Rossi
Fonte: –

Svariati tipi e modelli che da quel lontano 1839 appartengono tutt’oggi al panorama ferroviario. Orologi di ogni fattezza e grandezza, orologi da torre, da muro, a colonna, da ufficio da parete e da tasca. Orologi per segnare il tempo che passa nelle stazioni, nei depositi e nelle officine. Orologi per la sicurezza della circolazione che registrano su carta il movimento di meccanismi e relais. Orologi a pendolo, elettromeccanici e meccanici; sincronizzati tra loro o regolati a mano seguendo protocolli rigidi e telegrafici. L’ora era prioritaria nella vita ferroviaria e da essa dipendeva la sicurezza della circolazione e l’orario ferroviario. Controlli quotidiani e regolazioni dei minuti che dovevano essere uniformi nell’intera linea o compartimento ferroviario regolando i vari uffici e stazioni a quell’ora esatta.

Ora che inizialmente regolava la vita di paesi e città dall’alto dei timpani degli edifici ferroviari in cui la certezza dell’esattezza era sicurezza per il viandante o per chi alzasse lo sguardo verso quel bianco quadrante ferroviario.  Lentamente con il progresso l’ora ferroviaria è andata via via scemando per quella moderna società che disponeva di orologi e misuratori del tempo domestici, ma restava sempre l’unica e vera sicurezza per il movimento dei treni e per il lavoro di chi si occupava della circolazione ferroviaria. In questo capitolo voglio proporre articoli, istruzioni e informazioni tecniche che riguardano questa importante materia ferroviaria. Una sorta di filosofia del tempo che grazie ai suoi orologi ha fatto muovere i viaggiatori sui binari della rete. Vi invito a navigare nella pagina del Museo di Oggettistica ferroviaria di Signa dove sono raccolti e custoditi molti orologi in uso nelle varie epoche ferroviarie. Cimeli preziosi e ricercati per quell’inconfondibile e preciso ticchettio tra un treno e l’altro.

 

L’ora esatta nelle ferrovie di Cristian Rossi

 

 L’importanza dell’ora esatta nella circolazione ferroviaria dei treni ha sempre avuto un ruolo garantendo la sicurezza ed il rispetto nella marcia dei treni.

Sin dal primo orario ferroviario, il personale di stazione e viaggiante doveva regolare la propria marcia e le attività di apertura e chiusura dei segnali in base all’orologio che doveva essere regolato alla stessa ora.

Il rispetto degli arrivi, delle soste e delle partenze vedeva come comun denominatore gli orologi di stazione, sincronizzati e regolati quotidianamente, ma anche ad ogni turno, in base ad un orario centrale che fungeva da regolatore, non ammettendo così differenze fra i vari orologi distribuiti nelle varie stazioni, fermate e al personale dell’esercizio.

La regolarità dell’ora e l’esattezza  nel rispetto del tempo di marcia dei treni ha rappresentato sin dalla nascita delle nostre ferrovie un punto chiave sulla qualità del servizio offerto al viaggiatore.

Il primo decreto che riguardò la regolazione dell’ora nelle nostre Ferrovie risale al lontano 1866, ove il Regio Decreto 3224 del 22 Settembre 1866 di Re Vittorio Emanuele II recitava:

“Il servizio dei convogli nelle ferrovie, quello dei telegrafi, delle poste, delle messaggerie e dei piroscafi postali nelle Provincie Continentali del Regno d’Italia, verrà regolato col tempo medio di Roma a datare dal giorno in cui sarà attivato l’orario delle strade ferrate per la prossima stagione invernale 1866 – 1867. Nelle isole di Sicilia e Sardegna i servizi predetti saranno regolati da un meridiano preso sul luogo delle rispettive città di Palermo e di Cagliari”.

 Tutto ciò per permettere che l’ora esatta fosse standardizzata su un orologio centrale. Man mano che il panorama ferroviario cresceva con nuove linee e nuove stazioni l’ora nazionale di Roma diventava sempre più riferimento non solo per la circolazione dei treni, ma per la vita pubblica di tutte le città che unificavano lo scandire del tempo quotidiano.

Il Regio Decreto del 10 Agosto 1893 n°490 di Re Umberto 1° prevedeva :

Art. 1

Il servizio delle strade ferrate in tutto il Regno d’Italia verrà regolato secondo il tempo solare medio del meridiano situato a 15 gradi all’Est di Greenwich, che si denominerà tempo dell’Europa Centrale.

Art. 2

Il computo delle ore di ciascun giorno pel servizio ferroviario verrà fatto di seguito da una mezzanotte all’altra. 

Art. 3

Le disposizioni precedenti entreranno in vigore nell’istante in cui, secondo il tempo specificato all’art. 1°, incomincerà il 1° Novembre 1893, e da quell’istante cesserà di avere vigore qualunque altra disposizione contraria.

Alle ore 0 del 1° Novembre 1893, tutti gli orologi pubblici si uniformarono al Regio Decreto: in Sicilia erano le 23.53, nelle Provincie Continentali erano circa le 23.49 e in Sardegna le 23.36.

Fin tanto che le Società ferroviarie non furono unificate ognuna di esse seppe adottare dei propri regolamenti volti a garantire che nelle linee esercitate fossero sincronizzati allo stesso modo tutti gli indicatori di tempo ovviamente in base alla legge del 1893 adeguati all’ora centrale del tempo medio europeo.

Già nelle prime strade ferrate l’orologio oltre ad essere strumento di lavoro e di indicazione non solo per il personale, ma anche per il viaggiatore,  divenne anche un prezioso  elemento architettonico comparendo in molte facciate, timpani e sottotetti all’esterno dei fabbricati delle stazioni nonché  negli atri e sotto le tettoie dei binari.

L’industria orologiaia dell’ottocento fu di certo avvantaggiata dal nascere delle nuove strade ferrate che richiedevano sempre più delle commesse per la fornitura di orologi di vario tipo e per diversi usi.

Orologi a pendolo per gli uffici, i  posti movimento e le cabine di blocco; a torre per le facciate dei fabbricati; a quadrante doppio da parete esterna da porre all’esterno delle stazioni sotto le tettoie; da tasca per il personale della circolazione.

Come per altri meccanismi, anche per gli orologi le Società ferroviarie si rifecero ai requisiti e alle caratteristiche di robustezza e di precisione simili a quelli in uso in Francia, in Germania ed in Inghilterra. L’orologio ferroviario cominciò in tutte le sue forme ad essere prodotto poco prima della metà del XIX secolo in concomitanza con l’avvio della produzione orologiaia internazionale che iniziava ad espandersi come oltre Manica anche nel centro Europa.

Molte delle case produttrici, che ancora oggi detengono il mercato orologiaio mondiale, hanno visto come inizio produttivo a larga scala le commesse ferroviarie dando vita oltre che ad un mercato professionale anche ad un mercato collaterale con modelli similari che venivano riprodotti per il commercio quotidiano impreziositi nei metalli e nelle lavorazioni estetiche.

Ma il meccanismo e lo scappamento dovevano senza dubbio essere di gran qualità, in modo tale da saper offrire un prodotto perfetto e duraturo e via via con il passare del tempo sempre più collaudato.

Inizialmente i quadranti bianchi madreperlati o porcellanati dovevano avere impressi i caratteri delle ore romane in nero, le divisioni dei minuti e le lancette tassativamente nere dovevano ben diversificarsi fra quella dell’ora e quella dei minuti. Su taluni orologi, specie su quelli a tasca poteva venir richiesta anche la lancetta dei secondi, ma non sempre questa inizialmente era indispensabile.

Negli orologi a torre, inseriti nel timpano dell’edificio ferroviario, il meccanismo alquanto ingombrante e posto al di la del muro, era accessibile in un locale quasi sempre progettato per lo scopo dove  settimanalmente si regolava la carica e l’ora.

Accedendo nel locale dall’interno, l’addetto poteva oltre a caricare a mezzo di peso con pendolo a battente il secondo anche regolare l’ora esatta grazie ad un piccolo quadrante di controllo delle lancette posto sul meccanismo interno.

Ancora oggi in molti edifici medio-grandi questi orologi sono visibili, ma la carica manuale è stata sostituita dal controllo elettromeccanico. La regolazione dell’ora tutt’oggi  viene fatta come ad un tempo dalle squadre di manutenzione che sostituiscono anche le relative lampade che illuminano il quadrante ben visibile dalle piazze o dalla via pubblica restando a tutt’oggi simbolo di un’epoca trascorsa dove i cittadini sincronizzavano i propri orologi su quello della Ferrovia.

Di ben più importanza doveva essere  data alla garanzia di precisione degli orologi a pendola per gli uffici movimento e per i posti di blocco che dovevano assicurare oltre che uniformità d’orario anche precisione e semplicità di regolazione.

Inizialmente le pendole per le ferrovie furono a carica manuale e l’ora doveva essere controllata quotidianamente con scrupolosi controlli e regolazioni. Nei posti movimento e nelle cabine di blocco la pendola doveva essere per regolamento affissa o sostenuta in un posto ben visibile e quasi sempre davanti alla scrivania o il banco di manovra dei segnali.

Il meccanismo contenuto generalmente in un mobiletto in legno di faggio o di rovere era manovrabile a mezzo chiave, il quadrante sempre bianco o avorio conteneva le due lancette corrispondenti, un vetro sottostante permetteva la visione del movimento regolare  del pendolo.

Il modello più comune fu quello ad asta di legno regolabile con battente di mezzo secondo, carica a molla della durata di 15 giorni e con scappamento tipo Graham o a cilindro evoluzione del meccanismo ad ancora.

L’orologio negli uffici del  movimento treni regolava  quelli dei posti intermedi e quelli da tasca del personale ferroviario.

La possibilità, come le istruzioni professionali dell’epoca riportavano,di un accordo preciso tra gli orologi fissi e quelli portatili da viaggio,dipende essenzialmente, oltre ovviamente alla precisione dello strumento segnatempo anche dalle precise modalità cui l’ora o meglio il segnale orario viene prelevata e dall’organizzazione del servizio di distribuzione dell’ora esatta.

Non appena le stazioni furono dotate di telegrafo l’ora esatta veniva trasmessa a tutte le stazioni  dalla sede compartimentale che a sua volta la riceveva via radio ad orari ben precisi durante la giornata e comunque ad ogni turno di servizio.

A tale scopo le ferrovie mediante  i dispositivi telegrafonici delle strade ferrate veniva trasmesso ogni giorno sui circuiti Morse, ad un’ora convenuta, un segnale orario costituito da una lunga linea, il cui termine avveniva esattamente all’ora ed al minuto stabilito nel telegramma orario che precede sempre la linea costituente il vero segnale.

Come esempio trascriviamo l’istruzione formale relativa al telegramma orario a cui generalmente i capistazione dovevano ottemperare a garanzia quotidiana dell’esatto orario di servizio a cui si riferiva la regolarità della circolazione:

Istruzione: La trasmissione del telegramma dell’ora durerà complessivamente circa minuti 3. Il telegramma dovrà essere trasmesso lentamente con segnali marcati.Tre minuti prima dell’ora che si dovrà trasmettere (ora che è opportuno venga scelta con un numero di minuti multiplo di 5) il telegrafista  abbasserà il tasto di manovra L della chiave multipla (edi fig.A) e per mezzo del tasto telegrafico speciale T invierà per circa un minuto la chiamata T.M.E.C. (Tempo medio Europa Centrale);poi, durante il secondo minuto, verrà trasmesso il testo del telegramma come appresso:

“Termine linea ore x minuti y – Firma”. Quindi il telegrafista abbandonerà il tasto. Le scriventi registreranno da tale momento un segno continuo che durerà, all’incirca tutto il terzo minuto. Il suo termine dovrà coincidere con l’ora indicata nel telegramma.

Per far cessare la linea, il telegrafista, premerà nell’attimo preciso l’apposito tasto M che libera e fa rialzare la chiave multipla, con che tutti i circuiti ritorneranno nella posizione normale.Il telegrafista firmando il telegramma orario si assume la responsabilità dell’ora trasmessa.

Con questo sistema tutte le stazione inserite nei circuiti telegrafici ebbero la possibilità di ricevere l’ora esatta in contemporanea, ma per le piccole stazioni la distribuzione avveniva tramite orologi da tasca del personale viaggiante che poteva per così dire distribuire l’ora a vista. Nelle linee esercitate da dirigenza unica in cui mancavano i sistemi telegrafici la distribuzione dell’ora alle stazioni, alle fermate, ai posti di sorveglianza dei passaggi a livello era ottenuta con una speciale chiave di chiamata dell’impianto telefonico Western. Alla trasmissione del segnale orario provvedeva ad ogni turno il Dirigente Unico dopo ricezione del telegramma dalla sede compartimentale.

Il 19 aprile del 1891 a Kipton in America la conseguenza di un grosso disastro ferroviario fu  cagionata dal guasto di un orologio ferroviario di un conduttore di un treno postale. Le lancette si fermarono per quattro minuti per poi riprendere il movimento che per quattro minuti si fermò per poi riprendere il movimento, il ritardo cagiono un mancato incrocio e lo scontro fra due treni causò la morte di ben undici persone. Il fatto ben presto  attraversò l’oceano e nelle ferrovie europee, dove i problemi legati alla circolazione e all’orario erano gli stessi dell’America fece molto scalpore attirando l’attenzione di molte Società Ferroviarie.

In Europa e anche in Italia si richiese alle ditte costruttrici qualità sempre più eccellente e standard sempre più ferrei come ad esempio quello di avere il bilanciere bimetallico in acciaio resistente agli sbalzi termici, regolatore micrometrico della molla del bilanciere e di non perdere più di trenta secondi alla settimana. Venne inoltre fatta applicare sul quadrante degli orologi da tasca la lancetta dei secondi che indicava il corretto funzionamento dell’orologio.

La certificazione degli standard di qualità  degli orologi per le ferrovie americane fece presto il giro del mondo e molto presto anche l’industria Svizzera da sempre specializzata in orologeria di precisione seppe utilizzare a suo favore queste certificazioni di qualità presentandole alle compagnie ferroviarie europee.

La caratteristica di alcuni orologi da tasca italiani per i capotreno fu quella di possedere un occhiello sul bordo metallico della cassa che permettesse di introdurre un  filo piombato a garanzia della chiusura del quadrante e del retro cassa. L’orologio del personale viaggiante “sigillato” con un piombo  per evitare eventuali manomissioni  veniva tolto solo dal capostazione qualora l’ora non corrispondesse a quella ufficiale, ciò a garanzia del rispetto e della regolarità dell’orario.

Dopo la piombatura nessuno poteva modificare l’ora, perché questi orologi avevano la rimessa dell’ora a mezzo di “targette”, una levetta che doveva  essere sollevata per mettere in comunicazione l’albero di carica con il meccanismo di rimessa e quindi all’interno della cassa.

Il sincronizzare l’orologio del personale viaggiante con quello di stazione era d’obbligo nelle fermate e qualora vi fossero stati degli anticipi o dei ritardi rispetto all’ora ufficiale  era imposta la regolazione negli uffici movimento prima di riprendere la marcia.

Detti uffici regolavano a sua volta l’ora con altre stazioni e con i posti intermedi attraverso l’uso prima del telegrafo e poi del telefono e registrandone  su un dispaccio l’avvenuta operazione.

Questa necessità di apporre una piombatura a garanzia dell’ora esatta e non manomessa fu data anche dal fatto che nessuno potesse in caso di ritardo giustificarsi sul malfunzionamento dell’orologio evitando così la severa multa in caso di responsabilità soggettiva sul ritardo del treno. Molto spesso infatti  i capistazione scaricavano responsabilità di ritardi sul personale viaggiante che a sua volta le restituiva agli agenti del movimento  con conseguenti commissioni di inchiesta dei revisori degli orari. Soprattutto nel ventennio fascista dove “i treni in orario” erano orgoglio nazionale non mancavano le multe al personale per il mancato rispetto dell’orario ferroviario e dei perditempo nelle stazioni.

Vennero inizialmente commesse forniture di orologi da tasca per il personale della circolazione a cui veniva affidato ad alcune categorie di ferrovieri questo delicato strumento di lavoro, reso obbligatorio nel suo uso e nella sua custodia da precise normative.

Le marche costruttrici da metà ottocento fino agli anni venti erano prevalentemente straniere come la Longines e la Zenith titolari di una grossa fetta dell’industria orologiaia internazionale e sinonimo di garanzia ed affidabilità.

I modelli inizialmente di fogge diverse, ma con caratteristiche meccaniche pressoché identiche resistettero fino all’unificazione dove verso il 1905 ci si avviava alla statalizzazione della rete ferroviaria con la conseguente fornitura e consegna di orologi uguali e conformi in tutta la rete.

I capostazione di  I-II-III classe, macchinisti e fuochisti, capitreno e conduttori furono i primi ad essere forniti dopo qualche anno  dell’orologio ufficiale, che doveva avere impresso il marchio delle Ferrovie dello Stato ed il numero di matricola dell’agente assegnatario.

Fino gli anni venti continuarono ancora ad essere presenti commesse straniere di orologi Svizzeri, ma all’avvento del Fascismo si volle italianizzare anche il nome dell’orologio ufficiale.

Alfredo Degli Esposti, commerciante di orologi meccanici rilevò nel 1929 il marchio Perseo da un orologiaio toscano e inizio con alcune case costruttrici svizzere e francesi la collaborazione per la commercializzazione di orologi da tasca a fornitura industriale. Le leggi fasciste che in quel periodo prevedevano l’abolizione di tutto quel lessico non Italico di certo non facilitavano le marche straniere dove i nomi dei produttori potevano ben apparire nei quadranti smaltati. Il Degli Esposti conscio di tutto ciò seppe proporre alle Ferrovie dello Stato in una grossa gara di commessa un orologio esteriormente Italico marcato “Perseo”, ma con movimento interno Cortébert d’eccellenza. La ditta Perseo iniziò dagli anni 30 e per molti anni la fornitura ufficiale di orologi da tasca e da polso diventando leader nel mercato ferroviario italiano.

L’orologio ferroviario simbolo di esattezza ed affidabilità diventerà da allora anche una moda a cui non solo altri ferrovieri non propriamente dedicati alla circolazione dei treni lo vollero acquistare, ma anche comuni cittadini che ambivano ad un oggetto prezioso ed impeccabile.

Con l’avvento della corrente elettrica, intorno alla fine dell’ottocento anche alcuni orologi vennero dotati di movimento elettromeccanico che sempre più nel corso degli anni venne applicato in tutti gli impianti  e stazioni della rete. Solo nelle grandi stazioni come Venezia, Milano,Roma, Torino vennero fornite di un sistema a tempo sincronizzato.Un orologio centrale o trasmettitore, grazie agli impulsi elettrici di corrente continua a polarità alternativamente invertita,  inviava il segnale tempo agli orologi periferici ricevitori posti in diversi locali quali le sale d’attesa, i marciapiedi e gli uffici movimento. Un apposito circuito elettrico dedicato trasferiva il segnale orario dall’orologio centrale a tutti gli orologi periferici grazie a dei rele’ ripetitori d’impulsi. L’elettromeccanica veniva con l’inizio del novecento e con il sempre maggior uso della corrente elettrica applicato anche a questi strumenti segnatempo che per il loro ruolo primario nella sicurezza dell’esercizio  e della circolazione erano di fondamentale importanza nelle ferrovie.

Verso gli anni trenta vennero istituite delle squadre di operai che si occuparono prevalentemente  agli impianti degli  orologi nelle stazioni, lungo la linea, nei posti di blocco e nelle garrite dei passaggi a livello.

Le manutenzioni prevedevano oltre che l’ordinaria cura, la lubrificazione e taratura dei meccanismi,  la sostituzione e la riparazione in proprie officine delle FS degli orologi guasti. Dette manutenzioni periodiche ordinarie e straordinarie erano volte anche a tutta l’impiantisca elettrica correlata all’orologio: alla trasmissione del segnale orario, ai relè trasmettitori, ai circuiti a batteria tampone e alle condutture elettriche dedicate.

Mentre la manutenzione dei grossi orologi era affidata a degli appositi operai, la revisione degli orologi da tasca del personale della circolazione veniva affidata a laboratori esterni convenzionati dove gli strumenti almeno ogni due anni e comunque quando ve ne fosse stata la necessità venivano fatti controllare.

Nelle piccole stazioni prive di impianti centralizzati, nei caselli o nei posti movimento lungo la linea non serviti dal segnale orario elettrico perdurarono per molto tempo le vecchie pendole e gli orologi a carica manuale con molla motrice regolati a voce quotidianamente dal dirigente del traffico a mezzo dispacci telefonici.

 L’attenzione quotidiana del personale e degli agenti preposti alla circolazione dei treni verso l’importanza del la regolarità dell’orario va costantemente ancora oggi  di pari passo con questo caratteristico strumento segnatempo, forse simbolo  di un tempo passato dove treno e orologi erano due meccanismi che hanno sempre saputo lavorare in simbiosi.

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